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Welcome on board
Strumenti e stili di lavoro

“Abbiamo imparato a guardarci diversamente …”

“Abbiamo cambiato completamente il modo in cui vediamo noi stessi e, di conseguenza, quello con cui dialoghiamo con la nostra comunità”.
Questa frase arriva al termine di un percorso di consulenza con una organizzazione che abbiamo seguito, nell’ultimo anno e mezzo, sullo sviluppo della strategia di fundraising, partendo dall’analisi e coinvolgimento del Board e terminando con l’inserimento di due fundraisers all’interno del (nuovo di zecca) ufficio sviluppo dell’organizzazione.
Questo è un “sinteticissimo” racconto, con qualche suggerimento pratico: buona lettura!

Con l’organizzazione di cui scriviamo siamo partiti, letteralmente, da zero, da una telefonata con un consigliere e con il responsabile amministrativo che, subito dopo le reciproche presentazioni, ci hanno raccontato che avevano un problema legato alla sostenibilità delle iniziative culturali e sociali che portavano avanti, che avrebbero voluto fare fundraising e che ci avevano anche provato, ma i risultati non erano stati incoraggianti. E anche che questo aveva determinato una frattura interna tra chi sosteneva che lo sviluppo non doveva passare (anche) da strategie legate al dono e alla filantropia e chi, invece, ne era convinto. Il Board era parte di questa frattura e, in più, non esisteva uno staff interno con competenze di fundraising e di comunicazione.

È stata una telefonata lunga, fatta di domande, richieste di feedback, numeri e condivisione di criticità e prime impressioni. A cui è seguita una nostra proposta di collaborazione (qui trovi tutte le informazioni su quello che facciamo e come lo facciamo) dettagliata e concreta, articolata per contenuti, timeline, obiettivi e risultati attesi. E una data di partenza con una full immersion di 3 giorni – fatti di analisi, confronto, formazione, definizione di obiettivi di breve e di lungo periodo e molto, molto altro – con il Board nella sede dell’organizzazione, un luogo pieno di storia e di storie. [per inciso: un Board all’epoca formalmente cooperativo ma, appena sotto la superficie, piuttosto conflittuale sul tema dello sviluppo, a partire dalla declinazione stessa del termine per finire alle modalità per portarlo avanti].

 

Qui un primo suggerimento: quando iniziate un lavoro – che sia con la vostra organizzazione “storica” o con una nuova realtà – immergersi nel mondo dell’organizzazione è il primo passaggio per acquisire elementi connessi ad un mindset, oltre che informazioni pratiche. Per farlo occorre esercitare la capacità di ascolto (lo ripetiamo spessissimo: saper ascoltare è una delle qualità fondamentali per chi fa un lavoro di questo tipo) e la curiosità. Quello che si riceve in cambio sono storie coinvolgenti, pezzi di vita altrui che, in qualche modo, diventano anche la nostra. Ed è uno dei doni che il nostro lavoro ci regala, ogni giorno.

 

Alla full immersion con il Board, da cui siamo usciti con le idee più chiare, Consiglieri consapevoli e, seppure non tutti d’accordo, perlomeno convinti della possibilità di dare una chance ad una strategia di fundraising strutturata, ne è seguita una seconda con il gruppo di persone individuate – una decina di giovani che da tempo collaboravano, seppure sporadicamente, alle attività e a cui era stata indirizzata una call concordata con l’organizzazione, due persone dello staff amministrativo, il responsabile di una sede esterna, due consiglieri – sulla formazione al fundraising.

Il gruppo di lavoro, sfoltito dopo la formazione intensiva per arrivare ad una dimensione gestibile in termini anche operativi, ha poi iniziato da subito a lavorare insieme a noi sul piano operativo che è stato sviluppato nei mesi successivi.

 

Altro suggerimento: l’irremovibilità del Consiglio sull’investimento in un fundraiser professionista da subito ha determinato il “piano B”, ovvero il ricorso ai volontari. Non però necessariamente come “seconda scelta”, ma come una opportunità alternativa data da una richiesta che proveniva da un gruppo di giovani vicini all’organizzazione che da tempo chiedevano al Consiglio un coinvolgimento maggiore e più strutturato. La call elaborata e indirizzata ai volontari richiedeva dei requisiti per la candidatura, un certo tipo di disponibilità soprattutto in termini di continuità, un interesse ad un eventuale proseguimento in termini di sviluppo professionale. Questo ha permesso a noi di sapere che le persone individuate erano realmente motivate e, ai volontari, di fare qualcosa di concreto, strutturato e non sporadico, che incontrava realmente il loro desiderio di “fare qualcosa” per la causa.

I volontari sono una risorsa preziosa: per valorizzarli e gratificarli occorre avere le idee chiare sul ruolo, definire un confronto aperto e, soprattutto, non considerarli come sostitutivi di uno staff retribuito. Impostando le cose in questo modo, e condividendo l’approccio con l’organizzazione, è possibile impostare percorsi di crescita e sviluppo nel lungo periodo.

 

Dopo un anno di lavoro il risultato è:

  • un Board pienamente coinvolto nello sviluppo, parte attiva della ricerca di donatori e promozione della mission
  • la nascita dell’ufficio sviluppo con uno staff inizialmente composto da 4 volontari e un Board member a cui è stata fatta una formazione ad hoc sul fundraising e che a breve vedrà l’assunzione di 2 di questi volontari con regolari contratti di lavoro
  • la definizione di un piano di comunicazione dedicato al fundraising
  • le prime due campagne concluse con successo
  • la messa a punto di mailing list segmentate e profilate
  • il lancio della prima campagna diretta ai grandi donatori che sta dando risultati molto incoraggianti

Il tutto declinato sia sul pubblico italiano che internazionale, in particolare (ma non solo) nordamericano, in relazione al posizionamento dell’organizzazione.

 

È stato tutto facile o lineare? Niente affatto: la pianificazione iniziale è stata rivista, è stato messo a fuoco il tono di voce dell’organizzazione, sono stati più volte ridefiniti compiti e flussi interni. Il Board è stato sollecitato utilizzando leve diverse, così da trovare quelle che “risuonavano” meglio e che hanno determinato un coinvolgimento autentico. Non è stato semplice coinvolgere il resto dell’organizzazione in qualcosa percepito come sporadico, eventuale, in qualche modo estraneo all’organizzazione – e in questo la presenza del Board (non tutto, inizialmente) ha fatto la differenza.

Il cambiamento raramente è “lineare” – come quasi tutto nella vita, d’altro canto. Ma si può fare.

Lo si può rendere concreto avendo chiara una direzione di marcia e aggiustando la rotta ogni volta che la non linearità determinata sbandamenti.

 

È quello che facciamo con le organizzazioni: le accompagniamo nel cambiamento, nell’analisi e strutturazione della struttura organizzativa interna, nel disegno o ri-disegno del Consiglio Direttivo, nell’identificazione e realizzazione di campagne di fundraising o anche con l’utilizzo di veicoli filantropici che non sono fundraising tradizionale ma, in alcuni casi, sono più adatti al tipo di organizzazione.

E vedere come il cambiamento prende forma, ascoltare le frasi come quella con cui abbiamo iniziato … come diciamo spesso, la misura dell’impatto che produciamo sta nella capacità delle organizzazioni di camminare dritte e spedite, con le proprie gambe, una volta terminato il lavoro insieme.

Board in prima fila

Spunti, buone pratiche, riflessioni e strumenti utili per chiunque si occupi di fundraising e lavori insieme ai Board.

 

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