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Il Board visto... dal Board

Il Board visto … dal Board: la parola a Alla Kouchnerova, presidente della Fondazione Uspidalet di Alessandria

La Fondazione Uspidalet onlus nasce ad Alessandria nel 2009. E’ una realtà attiva – molto attiva – a supporto dei tre presidi ospedalieri della città di cui da tempo seguo le attività come cittadina e “paziente”, e talvolta anche come donatrice.

Dalla sua costituzione a oggi la Fondazione Uspidalet Onlus è sempre stata un punto di riferimento importante per il territorio della provincia di Alessandria e per tutto il basso Piemonte grazie alla preziosa attività svolta per migliorare le apparecchiature utilizzate e i servizi resi ai pazienti dei tre presidi dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria: l’Ospedale Civile di via Venezia, l’Infantile “Cesare Arrigo” e il Centro di riabilitazione polifunzionale “Borsalino”.
Obiettivo della Fondazione è quello di consentire alla popolazione “di curarsi con strumentazioni all’avanguardia, in un ambiente confortevole, senza dover affrontare lunghe e costose trasferte in altre strutture”.
L’attività della Fondazione si svolge in sinergia con le linee strategiche e programmatiche dell’Azienda Ospedaliera, rispetto alla quale svolge una funzione sussidiaria e complementare a sostegno di iniziative specifiche.
Nel tempo la Fondazione si è strutturata come ente filantropico a tutti gli effetti, secondo una logica di investimento in competenze e persone.
Dal 2011, presidente della Fondazione è Alla Kouchnerova*, con cui ho realizzato una chiacchierata di approfondimento sulla sua esperienza in governance, sui temi del Board e del ruolo rispetto allo sviluppo dell’organizzazione .

Incontrare la Presidente, prenderci una mattina per parlare, ha significato anche incontrare altri membri della governance e lo staff, per un incontro a più voci che si sono integrate, recuperando pezzi di storia della Fondazione e ricordi. Quello che emerge dalle sue parole è un profondo coinvolgimento e la convinzione che occorra pensare in termini di sviluppo delle comunità, non di un singolo ente, seppure ad orientamento sociale.

Buona lettura!

La Fondazione è nata nel 2009 e lei ne è diventata presidente due anni dopo, a maggio 2011. Quali sono state le tappe fondamentali, quelle che hanno segnato un cambio di passo rispetto agli inizi?

Creata per iniziativa dell’Azienda Ospedaliera “Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” di Alessandria, il primo presidente della Fondazione è stato l’allora direttore generale, Nicola Giorgione.
Ai primi anni, caratterizzati da una componente medico ospedaliera nella struttura della Fondazione, è seguita la decisione di andare “all’esterno”, rivolgendosi a qualcuno che sentisse il tema della salute, inclusa quella dei bambini (l’infantile “Cesare Arrigo” è stato fondato esattamente 200 anni fa ed è uno dei 13 ospedali infantili a livello nazionale), come tema forte su cui impostare un lavoro di crescita.
Nel 2011, dunque, sono arrivata io … con una precedente esperienza da mamma e alla quale era stato preannunciato un impegno di “un paio di volte l’anno”.
Quando mi sono resa conto che si trattava di un incarico così gravoso, rivolto ai tre ospedali, la prima reazione è stata: e adesso che cosa faccio?
Ricordo nitidamente l’assemblea di nomina e, una volta rientrata a casa, un’ansia profonda. Non conoscevo molto la realtà alessandrina e avevo ricevuto solo un fascicolo di progetti per iniziare il mio lavoro. Mi sono data un primo obiettivo, sempre condiviso con i miei collaboratori e volontari: accendere un sorriso sul viso di medici e pazienti.
Adesso, se mi guardo indietro, vedo entusiasmo e incoscienza…non so come ho fatto!
I progetti non erano cosa da poco – parliamo della TAC per l’Ospedale Infantile, della ristrutturazione del Day Hospital Onco-ematologico, del neuronavigatore per il reparto di Neurochirurgia, del progetto per la Chirurgia plastica, della radioterapia ad alta precisione.
Avevo poca esperienza nel settore per cui la prima attività in cui ho ritenuto di impegnarmi a fondo è stata quella di ritagliarmi il tempo per parlare con le persone, con tutti – l’estate del 2011 l’ho trascorsa a incontrare i primari per approfondire i progetti, conoscere, capire a che cosa servivano le apparecchiature richieste, poi ho iniziato a sensibilizzare “il resto del mondo”.
(n.d.r. un’espressione che mi ha colpito durante la nostra conversazione è “la gente è buona, tutti aiutano, magari arrivano fino ad un certo punto ma nessuna rifiuta”, che la presidente ripete più volte)

Grazie al validissimo supporto del Consiglio di Amministrazione, siamo partiti da lì, chiedendo man mano la disponibilità di uno spazio ad hoc all’interno dell’Ospedale, poi inserendo lo staff, lavorando sulla trasparenza e la rendicontazione (n.d.r. la Fondazione devolve il 100% delle donazioni ricevute per i progetti agli stessi, utilizzando per finanziare i costi di struttura le risorse derivanti dalle quote associative).
Finora abbiamo investito circa 3,5 milioni di euro in progetti – ad oggi ne sono stati finanziati circa 77 – mentre i nostri costi di gestione ammontano a circa 30 mila euro annui.

Quello che mi è stato chiaro fin dall’inizio è che dovevo, io per prima, “metterci la faccia”, donare tempo e passione per dare l’esempio. Usando anche un modello aziendale orientato al non profit, con un controllo e una certificazione trimestrali. (n.d.r. la Fondazione è membro dell’Istituto Italiano della Donazione).
L’impostazione che ho cercato di dare ha trovato la massima condivisione da parte del Consiglio di Amministrazione, che, nel corso degli anni, è sempre stato composto da persone che hanno dedicato il loro tempo in maniera volontaria alla Fondazione, mettendo a disposizione la propria professionalità e le proprie competenze perché i progetti andassero a buon fine.
(n.d.r. un’altra espressione che ritorna più volte durante la nostra chiacchierata è “l’importanza di dare l’esempio e di coinvolgere, sempre”.)

Nella sua visione del modello di sviluppo della Fondazione quanto e come l’azione del Consiglio – e, ancora più a monte, l’individuazione dei Consiglieri “adatti” e orientati nella stessa direzione – ha pesato in termini di coinvolgimento personale dei singoli Consiglieri?

I primi due anni il Consiglio era composto nella totalità da medici. Erano tutti molto attivi e disponibili, entusiasti dell’operatività della Fondazione, ma la nostra attività aveva bisogno di aprirsi al mondo esterno, a professionisti e imprenditori che portassero il proprio bagaglio di esperienze e ci aiutassero a dare forma alla Fondazione e a farla crescere e consolidare. Un grande aiuto è arrivato dalle aziende e dai professionisti locali che hanno dimostrato un coinvolgimento che spesso è andato oltre la mera donazione o l’impegno in Consiglio.
E’ un processo in divenire che deve interessare tutta la società civile partendo dal mondo della scuola per estendersi a quello del commercio, dell’industria fino a toccare tutti i settori.
Obiettivi della Fondazione, nell’individuazione dei progetti su cui si impegna a raccogliere fondi, sono l’innovazione (n.d.r. la Fondazione è molto attenta al tema dell’eccellenza – preferiscono impegnarsi su progetti all’avanguardia che non sull’ordinaria amministrazione, per la quale c’è lo Stato) e la sostenibilità: riceviamo annualmente i progetti dai primari, li approfondiamo con il Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera e ci accertiamo – prima di deciderne il finanziamento – che siano sostenibili nel tempo autonomamente da parte della struttura proponente; solo dopo questi passaggi “apriamo” la raccolta fondi.

Lei è, da sempre, personalmente impegnata nella promozione della Fondazione e nell’attività di fundraising. Spesso questo è un punto delicato per i board members, che interpretano erroneamente il fundraising come “una richiesta pressante di denaro agli amici” e sono quindi spesso riluttanti ad impegnarsi in tal senso.
Nella sua esperienza, può dirci come vive questo ruolo di ambasciatore e primo fundraiser?

D’intesa con il Consiglio, abbiamo deciso di concentrarci sulle aziende e sui club service per garantire sostenibilità ai progetti e cerchiamo di coinvolgere gli individui incoraggiandoli a donare per la nostra lotteria di Natale o per gli eventi che organizziamo. Le nostre richieste, però, non riguardano solo il sostegno economico: quello che cerchiamo di fare è invitare tutti – aziende e singoli – ad organizzarsi autonomamente per raccogliere fondi e far conoscere la mission della Fondazione.
Ci sforziamo di essere molto concreti e chiedere aiuto in modo esplicito; per la Fondazione ogni donazione conta, anche quelle più piccole.
E, soprattutto, di essere molto attenti a non “deludere le persone” perché “quando hai trovato i soldi hai fatto solo metà strada: il bello viene dopo in termini di responsabilità altissima nello spenderli nel modo migliore possibile. O sei in grado di gestire i soldi che hai o meglio non accettarli perché ci metti la faccia in quello che fai (n.d.r. cito testualmente le espressioni usate – personalmente le trovo molto belle, coerenti con l’approccio emerso, molto personale).
C’è un gran lavoro di squadra, dietro tutto questo. Io sono solo una parte, ma non potrei fare tutto questo senza i Consiglieri, il Direttore, lo staff, i volontari. Credo che, fondamentalmente, il mio compito sia quello di coinvolgere e valorizzare le persone, incoraggiandole a mettere in gioco competenze, relazioni e capacità al servizio della mission della Fondazione.

E se dovesse dare un suggerimento a quei Consiglieri e Presidenti per i quali il fundraising continua ad essere uno spauracchio?

Il tema “sanità” è complesso, ma la salute sta a cuore a tutti.
La comunicazione è fondamentale, soprattutto in termini di risultati e impatti che si possono produrre. E la comunicazione non può che passare dall’impegno in prima persona, dal “metterci la faccia”, dall’impegnare la propria credibilità personale.
La passione è un altro elemento fondamentale: la gioia e la soddisfazione nel veder realizzato un progetto, nel poter guardare negli occhi il donatore che ti ha affidato i suoi soldi per vedere realizzato un risultato, ti incoraggia a non risparmiarti per raggiungere l’obiettivo.
Credere profondamente in quello che si fa e portarlo fino in fondo, condividendolo per aumentare le possibilità di successo, averne cura: sono tutti elementi di un lavoro quotidiano che permette di sviluppare attività e progetti in modo strategico.
(n.d.r. la Presidente è convinta che la Fondazione sia uno strumento di tutti, di tutta la cittadinanza, perché se gli ospedali funzionano è il benessere della comunità che cresce. E, in questo, occorre slegare l’immagine personale da quella della Fondazione per far sì che questa diventi, sia sentita, davvero patrimonio comune).

* Alla Kouchnerova nasce a Gomel in Bielorussia e dopo gli studi, nel 1990, per motivi famigliari si trasferisce in Italia. Inizia la propria carriera professionale in UNITRA (Unione Italiana Autotrasporti), primo consorzio di imprese di autotrasporti strutturato, dove gestisce i rapporti con la Russia ed i paesi CSI. Dopo questa esperienza lavorativa, Alla decide di dedicarsi unicamente alla famiglia e ad attività benefiche ed umanitarie. Nel 1994 fonda e presiede l’Associazione Olga Samoussenko, onlus avente l’obiettivo di raccogliere fondi per la lotta contro la leucemia ed in particolare supportare i bambini colpiti da questa grave malattia. Per oltre 10 anni Alla si dedica a sostenere ed aiutare i bambini residenti nelle aree contaminate dal disastro di Cernobyl.
Nel 2011, Alla viene nominata Presidente dalle Fondazione Uspidalet, da poco costituita su iniziativa dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria, incarico che svolge con impegno, entusiasmo e passione fino al maggio 2019.

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