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Il Board visto dai fundraiser: intervista a Stefano Malfatti, Direttore Comunicazione e Raccolta Fondi Istituto Serafico di Assisi

Ho chiesto a Stefano*, uno dei massimi esperti di fundraising (Presidente dell’Associazione Festival del Fundraising nonché vincitore, nel 2014, del Global Awards for fundraising – seguitelo su sul suo blog!), di riflettere insieme sul tema del rapporto tra fundraiser e Board.

Stefano ha una grande esperienza in organizzazioni differenti per settore, grandezza, approccio. Il suo punto di vista, dunque, è fondamentale per avere uno spaccato su come le modalità di funzionamento dei Board e, allo stesso tempo, l’approccio dei fundraiser, possano definire una visione di sviluppo della mission dell’organizzazione.

Io e Stefano ci conosciamo da tempo, abbiamo avuto occasione di confrontarci in sessioni ed eventi dedicati al fundraising, il suo approccio “sabaudo” (nonostante gli anni milanesi) incontra un certo modo di intendere le modalità di comunicazione che sento vicine al mio.

Stefano, innanzitutto grazie per la disponibilità. Sono molto felice di approfondire il tema dei Board visti dai fundraiser con te, sia per la grande esperienza che hai che per il tuo approccio personale aperto.
La prima domanda che vorrei farti è relativa al tuo attuale ruolo di Direttore Comunicazione e Raccolta Fondi presso l’Istituto Serafico di Assisi e alla necessità di doverti confrontare in maniera costante con il Board dell’organizzazione.
E’ un rapporto che è sempre esistito nella tua esperienza professionale, anche precedente o ci sono state situazioni in cui questa relazione è stata, se non assente, scarsa e sporadica? E, in tal caso, quali sono le differenze di impatto sul tuo lavoro che hai avuto modo di constatare?

Grazie Simona per questa opportunità di avvicinarmi a un tema che condividiamo e che consideriamo fondamentale per un buon approccio alla nostra professione.
Il lavoro al Serafico in questi ultimi anni non ha fatto che consolidare l’idea che un forte rapporto con il board non possa che rafforzare tutte le dinamiche della comunicazione e della raccolta fondi. Il nostro lavoro parte da lì e finisce lì: non può esistere un fundraising forte ed efficace senza un board che produca idee progettuali forti, dirompenti, innovative e sfidanti anche sul piano meramente economico. Non si va lontano continuando ad avere come obiettivo solo il pareggio del bilancio o “l’ultima cifra in basso a destra”. La curiosità di chi nel board fa domande, chiede, approfondisce e vuole capire anche le banali formule con cui giudichi il successo o meno di una campagna, sono uno stimolo a fare costantemente bene e sempre meglio, considerando ognuno come un autorevole compagno di viaggio e non come un gendarme che verifica, conta e limita.
Anche in questo caso il tema è quello del confronto: sempre è motore di crescita in entrambe le direzioni e, anche in questo caso, lavorare con un board che interagisce a più livelli con la nostra attività non fa che dare slancio a ciò che già è di per sé propulsivo (il fundraising) ed evitare inerzie che non giovano all’azione all’immagine di una organizzazione nonprofit.
In altre esperienze pregresse questo slancio a volte è mancato, non tanto per cattiva volontà, quanto anche per la dimensione territoriale diffusa e frammentata che sposta inevitabilmente il focus dei problemi su questioni più complesse ed articolate, limitando quindi un coinvolgimento più stretto ed incisivo

Puoi farci un esempio di quanto una relazione consolidata tra Board e fundraiser facilita e stimola il ruolo di chi si occupa di fundraising e, allo stesso tempo, responsabilizza e incoraggia l’azione del Consiglio?

Sono tantissimi gli esempi e rischierei di fare un vero trattato; mi limito ad elencarne alcuni con a fianco le motivazioni che rendono ogni elemento estremamente positivo:
Condividere la programmazione: facilita al board la possibilità di capire la fattibilità e la tempistica dei progetti che elabora e al fundraiser consente di avere concretamente contezza di cosa deve cercare e perché (è il senso di una lettera mailing di fatto);
Pianificare il budget step by step: il board non si limita a dire si o no. Vuole capire il perché si deve investire in una direzione piuttosto che in un’altra: per il fundraiser qui diventa sfidante non buttare semplicemente sul tavolo delle iniziative, ma contestualizzarle nei loro elementi fondamentali e non solo economici;
Verificare il bilancio: consente di condividere con il board le opportunità colte o le difficoltà vissute in corso d’opera su alcune iniziative, comprenderne i motivi e provare in futuro a rimuoverli; il tutto in piena e condivisa consapevolezza, senza sentirsi mai vicendevolmente “sotto esame”;
Proporre consapevolmente sfide nuove: da entrambe le parti è importante per fare progredire l’organizzazione: non posso non citare le campagne lasciti come esempio di uno strumento tanto difficile e complicato quanto rilevante per l’organizzazione; soprattutto se nel board ci sono persone che per professionalità o contatti possono fare da leva a una campagna così particolare e unica

C’è un suggerimento che vorresti condividere sul tema del coinvolgimento del Board rispetto al fundraising e che, nella tua esperienza, ha reso fluida ed efficace la tua azione?

Sia sul tema del fundraising che quello della comunicazione, al Serafico non ho mai lavorato “da solo”. Come noto il Serafico opera su un territorio circoscritto (quello umbro) seppur con pazienti che arrivano da tutta Italia. Ebbene sul corporate fundraising e sul rapporto con la stampa e i media, ha giocato un ruolo fondamentale il fatto che la Presidente dell’Istituto, con i suoi contatti e rapporti diretti, non si sia soltanto messa a disposizione dell’istituzione (per fundraising e comunicazione), ma continui a volerne capire ed approfondire ogni singola dinamica per rendere il suo apporto più decisivo e fondamentale per dare il giusto slancio a ogni singola iniziativa.
Da qui anche il resto del board (in base al meccanismo del member get member) opera per rendere il miglior servizio possibile all’istituzione, seguendo spesso le nostre indicazioni e l’approccio orientato alla relazione con donatori potenziali e non.
Un motore non indifferente per una raccolta fondi e una comunicazione che possano funzionare al meglio.

* Con un’esperienza più che ventennale nel management del nonprofit, da gennaio 2016 è Direttore Comunicazione e Raccolta Fondi presso l’Istituto Serafico di Assisi. Ha ricoperto diversi ruoli nel corso del suo percorso professionale: in Fondazione Don Gnocchi presso la Direzione Generale, in ambito gestionale come controller, e poi come Capo di Gabinetto di Presidenza. Da 15 anni sviluppa le strategie di Fundraising di organizzazioni nonprofit in ambito sanitario, focalizzando la sua attenzione ed esperienza sui lasciti testamentari.Blogger, formatore ed educatore sul Fundraising, è docente e speaker presso alcune tra le maggiori realtà formative in ambito nonprofit e per master Universitari specifici del settore.Autore di testi specifici sul legacy fundraising, nel 2014 ha vinto l’Italian Fundraising Award e nell’ottobre dello stesso anno il Global Fundraising Award assegnatogli da una giuria internazionale ad Amsterdam.E’ Presidente dell’Associazione festival del Fundraising, membro di ASSIF (Associazione Italiana Fundraiser), di AFP(Association Fundraising Professionals USA – International Chapter)

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